IO è TE...

di Francesca Alfano Miglietti

Quando il pensiero, chiamato da una questione, la segue, durante il cammino può accadergli di mutare. Per questo è consigliabile, qui di seguito, prestare attenzione alla via, e meno al contenuto. Martin Heidegger

Il progetto IO E’ TE inizia per strada, e vuole temporaneamente diventare parte del paesaggio urbano di varie città. Si tratta di una mostra tematica, una serie di opere d’arte, concordate con gli artisti che partecipano al progetto, a volersi mostrare in strada, recuperano un immaginario comune e necessario. Ritratti, icone, personaggi secondari, ma fondamentalmente una mostra sul diventare ‘l’altro’, una mostra su se stessi pensati però come identità mutante, una ricerca sui rapporti che vuole caratterizzare questo scorcio di tempo. Una mostra di opere che una volta attaccate al muro sembra diventino parte di esso. E, naturalmente, il processo di decomposizione dell’opera effimera su poster influenzerà lo stesso progetto. Il processo comincia con l’affissione in strada, la riproduzione dell’opera è affissa al muro come un manifesto; le opere incontreranno i passanti consapevoli e quelli distratti, e si fermeranno il tempo necessario affinchè il tempo ed gli agenti atmosferici le rimuoveranno per lasciar spazio al muro. Solitamente restano attaccati alcuni brandelli di poster che non sono altro che residui dell’opera.

Nel celebre “Il principio di identità” di Martin Heidegger, viene indicata l'opportunità di “staccarsi dall'atteggiamento del pensiero rappresentativo”, compiendo un “salto” al di fuori del principio di identità e della metafisica che su di esso si fonda per lanciarsi nell'abisso dell'Evento, in cui individuo ed essere co-appartengono.

Un passo indietro, un luogo e un'occasione per spargere qua e là un seme, un granello che prima o poi, una volta o l'altra, a modo suo, potrà schiudersi e dare frutti.

Un tema che non si presenta come un singolo termine bensì attraverso una coppia concettuale: più che con una categoria, i cui confini sarebbero staticamente definibili, siamo alle prese con un campo di tensione. Così ci si troverà di fronte a diverse costellazioni di elementi tematici che variano al variare della tensione che individua il campo dei due termini.

Le costellazioni concettuali si organizzeranno attorno a problemi come quelli dell’essere, del medesimo e dell’altro, dell’unità e della scissione, della pluralità, del multiessere, della disidentità.

E’ necessario farsi clandestini, essere fuori, essere sotto, provare a sciogliere l’Io nel Te, il centro nei margini, per riuscire a comprendere. Un’allegoria. Un riflesso, che lentamente si adagia sul mondo. Una relazione che con il “soggetto” non ha più nulla a che fare, qualcosa di estraneo, respingente, irrecuperabile a qualsiasi cosa si voglia chiamare “se stessi”.

Una collezione di immagini che non si dimenticano. Il suggerimento è scegliere la propria immagine, non quella che lo specchio ‘rimanda’, ma scegliere la propria immagine a partire da quello che si è, non da quello che si rappresenta. Cercare di immergersi nella propria immagine senza affogare. Nessuna identità per il soggetto, ma solo l'atto attraverso cui il soggetto ogni volta crede di costituirsi. E ogni volta non è mai l'ultima.

Uno stranissimo vuoto pneumatico, una rimanenza che brilla nel vuoto, una immagine che si incontra per strada, lungo il marciapiede, forse è così che si manifesta la bellezza. Una bellezza imprevista e incurante di qualsiasi altra cosa. Il movimento è tutto mentale, sono le scintille che gli occhi producono nel trovare fuori di sé l'immagine del proprio schiudersi.

Il tentativo è quello di tenere la narrazione sospesa in quella situazione unica e non riproducibile in cui si assorbe un evento, un’esperienza senza saperne esplicitare gli effetti, senza stabilire e quantificare il cambiamento, senza percepire il punto di partenza e dunque senza poter dare conto dell’arrivo: l’arte incontrata per strada, nella curiosità, nel turbamento di illusioni che cadono senza avvertirne ancora il peso, nell’annuncio della vita, nel desiderio ancora da scoprire.

Una tensione nascente porta a immaginare una città piena d’amore, di disperazione e di una notte in cui sparire.

L’arte allora come orizzonte, come compagna di strada, come incontro occasionale. Fino a vederla allontanare, finché esce fuori campo, consegnata all’indifferenza.

Arte come corpi che diventano tutt’uno con i muri, un’arte che scende per strada e che fugge dalle gabbie isolate di musei e gallerie. Un’arte che guarda gli spettatori, che ‘molesta’ i passanti, che decora la vita.

Un evento di rottura, un intervento nel reale, un espediente estetico. Una poetica dello ‘stupefacente’ come tentativo di recuperare un’innocenza che diventa estraneazione e fa guardare il muro lungo la strada. La possibilità di ‘invenzione’ di un ancora, di un altrove, la testimonianza della sincera spudoratezza per cui la vita e l’arte non si distinguono, così come l'innocenza dello sguardo non può che essere un espediente. E’ il raccontare, come un sognatore lo farebbe, prima di qualsiasi ritorno.

Un unico tema: essere insieme, la natura mutevole dell'identità in rapporto all’altro.

Un gioco tra somiglianza e differenza. Individui, tempo e vissuto si intrecciano fra immagini, indagando il tema del doppio, dell'identità, dell'inafferrabile natura degli eventi. Coppie di persone, di animali, di oggetti. L'identità, unica e nel contempo molteplice, muta secondo il variare delle condizioni emotive. Un passaggio obbligato che ridisegna rapporti e relazioni. Una complessa relazione tra l'osservatore e l’opera,

una dimensione di molteplicità, di mutabilità, un processo del divenire, un modo per diventare, nell’incontro, altro da sé. L’incontro occasionale su un tavolo operatorio tra un ombrello e una macchina da cucire….

Francesca Alfano Miglietti

Francesca Alfano Miglietti

Francesca Alfano Miglietti (FAM) è teorico e critico d’arte, docente all'Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. Curatore di mostre, rassegne e convegni, vive a Milano. La sua ricerca è incentrata sulle tematiche di trasformazione del contemporaneo, come le contaminazioni di linguaggi, il corpo e le sue modificazioni, le nuove tecnologie, il rapporto tra visibile e invisibile. Commissario alla Biennale Arti Visive di Venezia 1993, ha organizzato e curato molte mostre, tra le quali: "Rosso Vivo", PAC- Padiglione di Arte Contemporanea, Milano; “Erwin Olaf” Museo del Man, Nuoro; “Isabella Bordone” Palazzo delle Papesse, Siena; “Raymundo Sesma” Museo de Arte Moderno, México; “Della ferita - Corpi e Volti dell’Azionismo Viennese,” Milano ; “Franko B I Still Love” al PAC, Milano”; “Fabio Mauri. The End” Palazzo Reale, Milano. E' stata ideatrice e curatrice del festival di contaminazioni ART LIVE- arte, moda, musica, teoria, a Torino, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (quattro edizioni). E’ autrice, tra l'altro, dei volumi: Arte in Italia 60/85, Arte Pericolosa, Identità Mutanti. Nessun tempo, nessun corpo – Virus Arte - Virus Moda - Manuale delle Passioni - Per-Corsi di Arte Contemporanea- Dall’impressionismo a oggi. Ha ideato e diretto la rivista VIRUS Mutations e attualmente dirige il magazine free press RE-VOIR. Autrice di molti programmi televisivi sull’arte e la cultura, e il direttore artistico dello spazio Nonostante Marras, a Milano.